Salvatore Giuliano
 

Note degli autori

 

Da bandito ad eroe che lotta per la causa separatista. Da eroe a traditore che spara sui contadini a Portella delle Ginestre. Da traditore a vittima di un complotto di Stato. La vicenda di Salvatore Giuliano si svolge nell'immediato dopoguerra, fra il 1943 e il 1950, a Montelepre, piccolo paese montano nei dintorni di Palermo, intrecciandosi con eventi politici di primo piano, destinati a segnare la storia recente della Sicilia e dell'Italia : lo sbarco delle truppe alleate (luglio 1943); la rapida ascesa e l'altrettanta rapida eclissi del movimento separatista; il consolidamento del ruolo della mafia; il conflitto di classe che contrappone agrari e contadini poveri (strage di Portella delle Ginestre); la nascita delle alleanze sociali e degli equilibri politici nazionali che caratterizzarono nostra la storia più recente del nostro Paese.

La storia di Giuliano non solo coinvolse emotivamente tutti gli strati della società siciliana del tempo, alimentando l'epos popolare degli ultimi cantastorie, ma incuriosì e appassionò anche l'allora nascente opinione pubblica nazionale e internazionale, attraverso la diffusione dei primi rotocalchi di massa.
Fu proprio l'intrecciarsi della sua vicenda personale con gli avvenimenti della grande politica a far sì che intorno alle gesta di un "ragazzo testa calda" di Montelepre si agglutinassero (come nel processo di cristallizzazione con cui Stendhal spiega l'amore) i sentimenti, le passioni, le speranze, le delusioni, che attraversarono la società siciliana negli anni del convulso dopoguerra.

Questa congiuntura storico-emotiva, unitamente ad alcuni aspetti "teatrali" della sua personalità, fecero di Giuliano un uomo-simbolo. Dapprima quello della ribellione coraggiosa contro l'ingiustizia e l'eroe della causa separatista. Poi – dopo la strage di Portella delle Ginestre – il simbolo del tradimento, quello più servile e vile, perpetrato contro il popolo innocente.

Eseguendo quella strage, infatti, egli si era reso docile strumento degli interessi del blocco di potere conservatore, impegnato nella repressione del movimento contadino di occupazione delle terre.
Infine, con la sua tragica fine – ucciso a tradimento dal suo migliore amico mentre le forze dell'ordine simulavano un conflitto a fuoco – diviene la vittima del primo complotto di Stato della nascente Repubblica, il capro espiatorio (e quindi ancora una volta il simbolo sacrificale) di un'inevitabile normalizzazione.
Se il personaggio Giuliano poté svolgere questa funzione simbolica nell'immaginario sociale del suo popolo e nel contempo raggiungere notorietà internazionale è perché – innegabilmente – non si trattava di un bandito normale.

Un bandito sui generis, dunque, ma pur sempre un bandito. Non tanto per il gravoso bilancio delle sue vittime, e non solo perché la sua "causa" separatista si rivelò perdente, ma soprattutto perché Giuliano rimase sempre e soltanto il capo di una banda. Egli cioè non ebbe mai una percezione politica e ancor meno una visione strategica degli avvenimenti con cui la sua vicenda personale andava intrecciandosi. Per cui fu sempre strumentalizzato politicamente e alla fine stritolato dagli eventi.

Cercando di mettere a frutto la naturale e "storicamente accertata" teatralità del personaggio, il musical si incentra sulla figura di Giuliano, lasciando sullo sfondo le pur significative implicazioni storico-sociologiche del contesto raccontato riguardante non solo la Sicilia, bensì tutta l'Italia di quel periodo.

È stata, cioè, una scelta programmatica degli autori quella di utilizzare la storia per spiegare il personaggio-Giuliano, e non di utilizzare il personaggio-Giuliano per spiegare la storia e la società italiana del dopoguerra, come più frequentemente (e anche proficuamente) si è fatto.

Nonostante la produzione letteraria su Giuliano sia abbastanza vasta, un musical su Giuliano rappresenta un evento artistico inedito. L'opera presenta anche aspetti di originalità formale.

Non si limita, cioè, a riproporre il modello ormai classico del musical americano, ma ne innova sia la forma, attraverso un consapevole radicamento nella tradizione del melodramma italiano, sia nel contenuto, mettendo per la prima volta sulla scena, con testi originali, una storia italiana.